Iniziamo col dire una cosa: Jerome Allen non avrebbe mai – e diciamo MAI – permesso una cosa del genere. Affetto per la figlia, gusti estetici discutibili, tutto quello che volete voi. Ma non crediamo di sbagliarci se diciamo che quelle scarpe sarebbero state lanciate goliardicamente nell’area dove sorge quel rudere (sob) di fronte al PalaBarbuto.
Detto questo, iniziamo ad analizzare la stagione di Tim Black, il giocatore più discusso di questa stagione. Che poi è un caso strano, perché solitamente a Napoli ce la si prende con i centri, che per andare bene ai raffinati gusti della tifoseria devono per definizione essere 1) grossi 2) cattivi 3) neri 4) feroci schiacciatori. Poi i tifosi quest’anno hanno potuto valutare che Sylvere Bryan rientrava in queste categorie ma con risultati non proprio corrispondenti al loro prototipo di centrodominante™ e quindi hanno dovuto rivedere le loro posizioni.
Meglio spostare le proprie attenzioni sul play, quindi.
Ora, qualsiasi point guard americana si presenti a Napoli da qualche anno a questa parte (quindi pochissime, causa fallimenti a ripetizione) deve convivere con la non proprio semplicissima eredità lasciata da Lynn Greer, che per gli appassionati partenopei meriterebbe una statua fuori al PalaBarbuto tipo Madonna di Medjugorje. Ecco, se questa statua vedesse gli arresti e tiro di Tim probabilmente piangerebbe sangue e ci troveremmo Paolo Brosio fuori al palazzetto, quindi non è il caso di avventurarsi in paragoni che lasciano il tempo che trovano e allora basiamoci sulla stagione senza preconcetti.
Iniziamo dai numeri: 12.3 punti in 30 partite, 50% da 2, 25% (yikes) da 3 e 85% ai liberi (terzo in campionato). Tre rimbalzi e 3.7 assist di media, nono in campionato.
Andando oltre la depressione causata dal vedere quelle percentuali sul perimetro per un play di 1.80 scarsi, le conclusioni di Tim sono avvenute per gran parte del campionato nei pressi del canestro. Nella parte finale del torneo è riuscito a sbloccare l’arresto e tiro dalla media distanza e ha iniziato a buttare dentro una quantità considerevole di long twos (tiro che non brilla proprio per utilità, ma sempre due punti vale), in particolare nella gara persa contro Brescia che è stata la migliore del suo campionato (27 punti, 8/10 da due, 2/3 da tre e 6 rimbalzi… pure 6 perse ma era l’unico che giocava, praticamente). Fatto sta che nell’ultimo mese e mezzo di stagione (in sei partite) ha segnato 16,5 punti con 23/43 da 2 e 8/18 da 3. Niente di straordinario, direte voi. E avete pure ragione, ma il fatto è che il ragazzo tra gennaio e febbraio era entrato in uno slump di quelli clamorosi, con 9.5 punti a partita ma soprattutto UNA tripla segnata su quattordici tentativi. In nove gare.
La cosa curiosa è che la crisi al tiro di Black è coincisa con quello che è stato probabilmente il miglior momento di Napoli, in seguito al cambio in panchina. Rivedere a freddo questi dati ha intaccato alcune delle nostre ipotesi. Abbiamo sempre pensato che la presenza di un play con problemi nel tiro dalla distanza come Black creasse – almeno nel basket moderno – grossi guai al nostro attacco: il difensore passa dietro sul blocco e questo porta ad un’area più intasata e a meno spazi per le penetrazioni. Si era visto benissimo in occasione della partita di ritorno contro Forlì, dove Ferguson concedeva volentieri due metri a Tim sul pick and roll.
Ma se andiamo a vedere le statistiche, Black ha circa 12 punti di media sia nelle vittorie che nelle sconfitte, tira da 2 con percentuali simili sia nelle vittorie (49%) che nelle sconfitte (50%) MA ha tirato con il 15% da 3 quando Napoli ha vinto e con il 32% da 3 quando ha perso. Cosa vuol dire? Non ne abbiamo la più pallida idea, ma è quantomeno curioso. E’ Black che tira male quando Napoli vince oppure è Napoli che gioca meglio quando Black tira con brutte percentuali e quindi è costretto ad attaccare maggiormente il canestro?
Per cosa lo ricorderemo
Per il buzzer contro Forlì all’esordio e per la gioia di quei giorni, per quei due mesi in cui non azzeccava un tiro, per le scarpe rosa, per i timeout in campo, per quei quarti quarti in cui ha amato prendersi le sue responsabilità (4 punti di media negli ultimi dieci minuti quando nei quarti precedenti non supera mai i 3 del terzo… e sempre sotto quota 3 nei primi due).
E per il futuro?
Ha un altro anno di contratto. Balbi ha detto “ne parleremo” quindi ci viene il pensiero (magari sbagliamo, ma ci viene il pensiero) che se si trova di meglio si cerca di uscire dall’accordo. Ha senso, soprattutto se le prospettive sono quelle di un campionato di livello più alto. Nel corso di questi mesi non abbiamo risparmiato stilettate a Black, ma non è un cattivo giocatore. E’ il leader dello spogliatoio e l’allenatore in campo (vd. timeout di cui sopra), e fa parte di quei bravi ragazzi su cui Napoli ha deciso di puntare a inizio anno. “Troppi bravi ragazzi”, ha detto Mirenghi in un’intervista finita sul giornaletto che distribuiscono al PalaBarbuto. Ecco, appunto, troppi bravi ragazzi. Se vogliamo fare le cose in grande, necessario puntare su qualcuno che magari possa anche avere la testa disabilitata, ma non tiri con il 25% da 3 e non conceda prestazioni realizzative superiori alla media a gran parte dei play avversari.