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Napoli, abbiamo un problema. E’ ora di cambiare.

Dopo il Dontae in versione “Grantland” (se non lo conoscete fateci un giro se vi piace questo sport che si gioca 5vs5 su 28 metri), eccovi un post meno analitico e più di pancia (che nelle feste di Natale è cresciuta un bel po’) sul momento della squadra. Premessa: i numeri non dicono tutta la verità, ma raramente mentono. E quelli di Napoli di bugie ne dicono veramente poche. Breve riepilogo, siamo all’11esimo posto in classifica con un record di 6 vinte e 9 perse, abbiamo il 12esimo attacco, l’ottava difesa, e siamo ultimi nel tiro da tre punti. Le cattive notizie non sono finite qui, perché siamo ultimi anche per presenza di spettatori.

A che punto siamo dopo il girone di andata? Stiamo messi male.
Quali risposte per uscire dall’empasse sono state fornite da squadra e società? Vediamole insieme.

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Squadra+allenatore

Nel basket moderno a vari livelli la tendenza vincente sembra essere quella di “aprire il campo” e creare dei vantaggi. Da situazioni di pick and roll, da penetrazioni e scarico, da giochi a due o a tre, creando dei triangoli per poi ribaltare il lato. Ok, stiamo andando troppo sul tecnico, ma l’assunto è questo: in che zone del campo Napoli può prendere dei vantaggi? Guardando il roster nelle posizioni 3 e 5, ovvero con Weaver e Brkic. Lo facciamo? Sopratutto nel secondo caso, quello dell’ex Brescia, la risposta è no. Coach Cavina, nella sua spasmodica ricerca di un basket senza punti di riferimento, rischia di aver fatto perdere quelle poche certezze anche alla squadra. Togliendo la superiorità atletica e tecnica di Weaver, esplorata forse al 60% per situazioni tattiche e attitudine del giocatore (role player nell’Nba), dall’esterno la sensazione è che non si sappia mai chi possa farsi carico del peso offensivo della partita. E in un campionato di livello così mediocre, non è onestamente tollerabile essere il 12esimo attacco della giostra. Capitolo ritmo. Per usare una metafora il ritmo offensivo di Napoli è scretchante. Non è fluido, procede a strappi e abbiamo l’impressione che Tim Black non abbia ancora capito come far girare la squadra. In realtà il timore è che un certo tipo di playmaking non sia proprio nelle sue corde. Allora che fare? Di cambiamenti se ne sono visti pochi. E, caro coach, il tempo stringe.

Società+gestione

La continuità mostrata nelle scelte e nella difesa delle stesse dal Presidente Balbi è da lacrime agli occhi, nel senso più positivo del termine. Assuefatti a un basket di passaportati, porte girevoli e contratti a gettone, Napoli si segnala come una piacevole anomalia. Il nostro è un “rebuilding”, che non parte solo dal piano tecnico, ma dalla ricostruzione di una reputazione credibile. Sotto questo aspetto, nulla da dire. Ma se vogliamo guardare solo al presente e alla costruzione di questo gruppo che fa fatica a decollare, qualche appunto da fare c’è. Che Weaver, Brkic e Allegretti si pestassero i piedi in attacco, forse era da attenderselo. E scegliere di rinunciare a una guardia vera con punti nelle mani da quintetto si sta rivelando un problema. Come è vero che facciamo fatica a battere l’uomo dal palleggio e a creare buoni tiri per i nostri tiratori piedi per terra, perché i nostri (a parte l’eccezione Ceron), non sono tiratori dinamici da uscita dai blocchi (che per la verità non se ne vedono). Poi c’è il mistero Bryan. Lo abbiamo preso per… non si capisce. Non conoscevamo le reali condizioni fisiche di Malaventura? Domande che attendono risposte, nella speranza che sia il campo a darle.

Operazioni di mercato? A questo punto perché non provarci. Si è parlato di Tessitori, non escludiamo l’ipotesi di un USA in uscita dalla serie A. L’integralismo è ammirevole sotto certi aspetti, ma qua la classifica langue e il pubblico alle partite non viene. Resta un girone per uscire dalla mediocrità, almeno concedeteci questo.

A Ferentino vince Cavino

Ma non si può andare sempre a Ferentino? No, perché per un motivo o per l’altro alla fine si gode sempre parecchio. E perché hanno la migliore selezione musicale d’Italia (a questo giro un po’ in calo rispetto a due anni fa, ma comunque ci hanno proposto i Black Sabbath e soprattutto la chicca Edward Sharpe & The Magnetic Zeros). Tra parentesi, Napoli avrà anche il minor numero di spettatori in media del campionato, ma o stasera c’era qualche festa in città, oppure i ciociari gonfiano i dati. Pochissimo pubblico e molto silente.

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Ecco, lui non era proprio silente ma a un certo punto, chissà perché, ha iniziato a tacere…

Terza vittoria consecutiva e seconda in fila in trasferta, situazione in classifica che inizia a farsi più interessante, squadra che sembra divertirsi. Insomma, sembra che la decisione della società di rimanere con Cavina all’indomani della sconfitta interna con Verona (disastrosa sia per gioco che per atteggiamento) abbia portato i suoi frutti nel breve periodo. Per il lungo ovviamente vedremo, ma intanto bravi i dirigenti per aver preso una decisione difficile con il pubblico che aveva di fatto già dato il benservito al coach. Per non parlare di certi insopportabili blogger. Noi invece avevamo sempre creduto nelle capacità dell’allenatore, come testimonia il nostro cliccatissimo post “Perché Cavina è meglio di Phil Jackson: 101 intuibili motivi”, che purtroppo è irraggiungibile causa attacco hacker.

Scherzi a parte, ammettiamo il nostro errore. Non a caso siamo dietro a un pc. E allora questa volta i complimenti li facciamo tutti al coach, in primis perché è riuscito a tenere botta in un momento complicatissimo. E poi perché ha cambiato approccio, con soluzioni più idonee al roster e maggiore libertà ai giocatori. La squadra, una volta toccato il fondo, ha saputo guardarsi in faccia ed ora è in netta crescita, gioca bene e vince. A Ferentino, dopo un primo quarto dai ritmi altissimi (33-27), Napoli ha stretto le maglie in difesa e nei due quarti centrali ha subito un totale di 22 punti. Tanta difesa, quindi, ma anche tanta voglia di passarsi il pallone ed un attacco che ha distribuito benissimo i tiri: i due estremi sono i 5 di Brkic e gli 11 di Ceron, e in mezzo abbiamo Malaventura a 7, Allegretti, Weaver e Brayn a 8 e Black a 9. Continuiamo a segnare con percentuali molto alte da sotto canestro, e questa volta abbiamo amministrato il +20 senza troppe difficoltà, se non per un paio di minuti di sofferenza dovuti al loro pressing.

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Kyle distribuisce pani e pesci dalla panchina

Domenica arriva a Barcellona; successivamente il calendario ci mette davanti una serie di gare accessibili, con trasferte contro squadre che ci seguono in classifica e partite casalinghe che si devono vincere perché casalinghe. Intanto, buon Natale a tutti.

Il coach con la stella

Per avvicinarci in maniera adeguata a Ferentino-Napoli abbiamo pensato di coinvolgere uno dei guru della controinformazione cestistica, il temutissimo e querelatissimo Delontearenas che, in quanto abruzzese, può dirci qualcosa di più sul coach dei laziali Franco Gramenzi, che tanto stima. In questo modo dovremmo esserci risparmiati procedimenti giudiziari. Forse.

Ringraziamo Delonte per la collaborazione, per la quale gli dovremmo una birra, ma visto che è astemio ce la beviamo noi, e cominciamo.

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Gioia e rivoluzione

Non si può dire che la società non abbia fatto una scelta coraggiosa, nel confermare la fiducia a Demis Cavina dopo quello che si è visto domenica al PalaBarbuto. Che altro non è che il peggio di quanto visto in questo inizio di stagione. Ricapitolando, giusto per tenerci aggiornati con i numeri, Napoli è alla quarta sconfitta consecutiva e alla sesta nelle ultime sette. E’ stata superata da Trieste e agguantata da Casale Monferrato. Se Forlì non avesse due punti di penalizzazione – e per fortuna (a questo punto) ce li ha, in attesa di capire se anche a noi toccherà sorte simile – sarebbe alla pari con noi. La Expert ha vinto solo con le ultime due (Forlì, appunto, e Imola) e con Casale che è a pari punti. A questo dobbiamo aggiungere prestazioni quasi sempre brutte, una scollatura tra tecnico e giocatori che dalla tribuna appare abbastanza netta, e infine anche la contestazione che per la prima volta è arrivata anche dalla curva. Insomma, un quadro abbastanza fosco.

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Chiù Black rà midnight

Torino è più forte, ben allenata e gioca un bel basket, dunque ha meritato di vincere. Il pezzo post partita potrebbe anche finire qui, ma se non scriviamo qualche migliaio di parole noi non siamo contenti, e quindi andiamo avanti.

La buona notizia è stata la risposta del pubblico, in crescita rispetto alle uscite precedenti (sui 1400 spettatori, ancora pochini ma piano piano aumentiamo) e decisamente più caloroso. Sarà la partita piacevole, sarà che non c’è il Napoli, sarà che il nome Torino evoca sempre reazioni poco amichevoli. Fatto sta che c’è una bella atmosfera, si fa casino quando lo si deve fare e a fine partita c’è pure l’applauso per la squadra nonostante la sconfitta.

Napoli deve fare a meno di Bryan ma recupera Ceron (ultima apparizione a Veroli alla seconda giornata) e in parte anche Allegretti, in campo più per far rifiatare Brkic che per altro. Torino ancora senza Steele e Mancinelli, che però è presente al palasport per raccattare numeri di telefono di pulzelle e una buona dose di insulti. Ah, e la mozzarella.

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Dieci motivi (più uno) per venire al PalaBarbuto

L’infermeria è piena, la posizione in classifica non è delle migliori e domenica a Napoli arriva Torino.

Sarà una partita importante contro una squadra di vertice, e su RadioMarte ieri Maurizio Balbi ha chiesto il supporto di un pubblico che finora ha risposto in maniera tiepida alla presenza di una squadra buona e di una società che ha fatto tanti sforzi, da un anno a questa parte, per fare sì che i tifosi napoletani potessero guardare del basket di buon livello.

La scintilla ancora non è scattata, le presenze al PalaBarbuto si attestano solitamente intorno ai 1200 ma nell’ultima gara interna con Casale l’impressione era che ci fosse un po’ di gente in meno. Insomma, al palazzetto ci va ancora quello zoccolo duro che bene o male c’è sempre stato e sempre ci sarà. Gli altri tendono ad arrivare a due minuti dalla palla a due, rendendo difficile la creazione di un buon fattore campo.

Contro Torino serve di più. E’ vero, i biglietti costicchiano (ma la curva a 8 euro può convincere anche gli “occasionali”), lo spettacolo in campo non è ancora dei migliori e le vittorie tardano ad arrivare, ma sarebbe bello – intanto – iniziare a riempire il palasport. Napoli è una città calcistica, lo si ripete spesso, ma lo è anche Torino. Due anni fa al PalaRuffini non ci andava nessuno, e quando diciamo nessuno parliamo di 500 spettatori ad essere generosi. Domenica scorsa, a due ore dall’inizio di Juventus-Napoli (no, dico, Juventus-Napoli) a vedere Torino-Capo d’Orlando erano in 5000. Merito della società che è stata brava a consolidarsi in questi due anni, ma evidentemente ha trovato anche terreno fertile. Continua a leggere

Aquila Trento-Expert Napoli, le pagelle degli azzurri

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Le pagellacce sempre un po’ ignoranti del DontaeJones

David Brkic 7.5. Questo è il vero Brkic: letale in attacco, presente a rimbalzo. Chiude con 24 punti e 8 rimbalzi e grandi percentuali al tiro (10/15). Può essere la gara della svolta.

Matteo Montano 7. In campo senza paura, più minuti da guardia che da playmaker puro, ma tanta sostanza, un po’ di faccia tosta, e 10 punti per il massimo in stagione.

Kyle Weaver 6.5. Costretto agli straordinari in termini di minutaggio, l’ala originaria del Wisconsin risponde presente. Il 5/14 al tiro si spiega col fatto che l’ex Nba è l’unica opzione credibile di Napoli sul perimetro, e la difesa di Trento ha avuto buon gioco nel limitarlo.

Jacopo Valentini 6.5. Carattere da vendere, ogni tanto va fuori giri, ma nel secondo tempo un paio di sue giocate ci hanno tenuti aggrappati alla partita.

Tim Black 6. Voto che viene fuori con la media di un primo tempo da 7 e un secondo da 5. Nei primi due quarti non sbaglia un tiro o una scelta, riuscendo ad imprimere alla squadra un ritmo offensivo mai visto prima. Poi cala nettamente.

Matteo Malaventura 5. Il capitano è mancato. Più di trenta minuti in campo, ma soli 5 punti con percentuali bassissime. Problemi fisici a parte, ha sbagliato troppi tiri aperti. Peccato.

Allegretti, Izzo s.v.

Demis Cavina 6.5. “Siamo stati encomiabili”, dirà il coach nel dopo-partita. Non possiamo di certo dargli torto. Napoli ha probabilmente disputato la miglior partita della stagione, in condizioni critiche. Ripartiamo da questo.

Io speriamo che me la Cavina

Che cos’è il genio? E’ fantasia, intuizione, decisione e velocità d’esecuzione.

Free Trade Hall di Manchester, 1966. Il re del folk Bob Dylan sfodera la chitarra elettrica e dal pubblico un ottuso integralista dell’acustica gli grida “Judas”. Bob non si scompone, dà del bugiardo a chi – poveraccio – non è ancora in grado di capire, si gira verso la band incitandoli a suonare “fucking loud” e si lancia in una clamorosa versione di Like A Rolling Stone.

Vincent Van Gogh non sarà compreso per tutta la sua vita. Moby Dick di Herman Melville fu a lungo dimenticato: pubblicato nel 1851, fu riscoperto solo nei primi anni del Novecento. Gran parte delle opere di Kafka raggiunse il grande pubblico solo dopo la sua morte. Nessuno si interessò degli esperimenti di Mendel con le piante di piselli, eppure oggi è considerato come il padre della genetica moderna.

E voi pretendete che il pubblico napoletano capisca il gioca jouer di Cavina?

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Il problema dei primi quarti e altre amenità

Terza sconfitta in tre trasferte, prima volta con un record negativo dall’inizio del campionato e domenica si torna già in campo. Poco tempo per preparare la partita, serve uno scatto d’orgoglio. Non avendo ancora potuto vedere la gara di ieri mettiamo sul tavolo alcuni elementi che prescindono dalle analisi su questa. A partire dall’andamento dei primi quarti. Diamo un po’ di numeri, insomma.

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